Di creatività e di sostenibilità. L’intervista con Andreas Kronthaler, stilista (e marito) di Vivienne Westwood che ci racconta di un nuovo progetto (est)etico

Andreas Kronthaler for Vivienne Westwood

Vivienne Westwood

È noto che Dame Westwood si sia congedata dal suo marchio, cedendo la responsabilità creativa al marito Andreas Kronthaler: le ultime sfilate si concludono con lui che esce con un magnifico mazzo di fiori, intento a riportare la stilista in passerella, seduta tra il pubblico. Ora, il suo primario “affare” è la salvaguardia dell’ambiente e il cambiamento climatico, con tanto di striscioni e manifestazioni in piazza. Ma in casa “Westwood”, si sa, la moda non è solo un atto del vestirsi ma un modo chiaro e netto per comunicare.

Andreas Kronthaler e Vivienne Westwood
Andreas Kronthaler e Vivienne Westwood

Il progetto estetico del punk anni 70, teso a terrorizzare, sconvolgere o ribaltare, oggi diventa un progetto etico. Molto probabilmente ben lontano dai dogmi del marketing, dalla velocità digitale: la creatività, qui, ha un respiro più lento e più ampio. Si può paragonare a un’opera artistica, a un saggio filosofico, visto e rivisto, scritto e riscritto: tutto volto a una moda consapevole. Vivienne Westwood è sempre pronta a combattere per quello in cui crede e ad andare controcorrente e Andreas Kronthaler lo fa con la fine arte sartoriale e del riciclo. È lui che traduce il messaggio di sostenibilità attraverso i codici stilistici.

Andreas Kronthaler for Vivienne Westwood, primavera estate 2020
Andreas Kronthaler for Vivienne Westwood, primavera estate 2020
Andreas Kronthaler for Vivienne Westwood, primavera estate 2020
Andreas Kronthaler for Vivienne Westwood, primavera estate 2020

Le sue collezioni sono realizzate con tessuti riciclati: drappi non ancora tagliati o invenduti. Materiali che mostrano la chiara filiera grazie a importanti certificati: FSC, una certificazione di Canopy che assicura che le fibre naturali non contribuiscano alla deforestazione del mondo; Global Organic Textile Standard e Control Union Certified, per il cotone che viene solo da campi dove non è stato trattato da pesticidi che può portare rischi alla salute dell’uomo; o Bogodanfani, fantasie realizzate con terra e fango seguendo l’antica tradizione della tribù Mandé originaria del Mali, attività volta a tutelare le comunità dei produttori artigianali. Queste sono solo alcune sigle e nomi, poche in confronto alle lunghissime schede tecniche dei capi e accessori disegnati da Andreas Kronthaler.

Il suo modus operandi si scontra violentemente con la realtà del fast fashion e con chi produce numerose capsule collection. “Che benefici porta al mondo? Qualità nel design e nell’esecuzione, non quantità” – parole che suonano come una chiara stoccata verso chi si vanta impropriamente del valore “sostenibile”. Di questo e di altro, nell’intervista che segue con Andreas Kronthaler.

Andreas Kronthaler for Vivienne Westwood, primavera estate 2020
Andreas Kronthaler for Vivienne Westwood, primavera estate 2020

Da quando hai mosso i primi passi nella moda ad oggi, si parlava già di “moda etica”? Vivienne Westwood è stata una delle prime stiliste a portare l’attenzione su questo tema…

Ho iniziato a lavorare nella moda con Vivienne fra la fine degli anni 80 e l’inizio degli anni 90, e di questi argomenti non si parlava allora. Poi le cose sono cambiate, siamo consapevoli che esiste il problema del cambiamento climatico da più di dieci anni, abbiamo cominciato a pensare quale sia l’impatto della moda su tutto questo. Ed è ovviamente nostra responsabilità pensarci, e contribuire a risolvere il problema. Il mondo cambia continuamente e a velocità impressionante, fa paura.

Cambia l’approccio creativo quando si vuole fare una moda sostenibile?

Ovviamente sì. Un tempo era molto difficile trovare materiali sostenibili e la scelta era molto limitata, ma oggi scegliere tessuti bio è il minimo che si possa fare. E in ogni fase del processo creativo dobbiamo sempre domandarci: abbiamo davvero bisogno di questa cosa? Che benefici porta al mondo? Qualità nel design e nell’esecuzione, non quantità.

Ci puoi fare qualche esempio che riguarda le tue collezioni…?

Per Andreas Kronthaler for Vivienne Westwood collezione primavera estate 2020 abbiamo collaborato con Wastemark – ndr marchio che identifica lo spreco di valore e il valore dello spreco -: qui abbiamo utilizziamo tessuti di scarto delle migliori aziende italiane, come reduce, reuse, rethink. Inoltre, abbiamo scelto tessuti inutilizzati e fondi di magazzino del nostro stesso atelier, e questo ha influito sulle nostre scelte per quanto riguarda il design. Per la seconda stagione abbiamo anche collaborato con la Ethical Fashion Initiative utilizzando tessuti fatti a mano in Mali, come il bogolan – ndr che significa fatto con il fango, una tecnica per tingere i tessuti antichissima della tribù Mandé originaria del Mali – tinto con colorazioni naturali, tessuti damier.

Cosa pensi di Greta Thunberg e degli haters che la inseguono?

Non conosco e non considero i suoi hater. A Greta va tutta la mia stima, ci ha aiutato a renderci conto del problema. Greta mette tutti insieme, a livello globale, ha messo in luce il bisogno di una cambiamento. Abbiamo bisogno di molte più Greta in questo mondo.

C’è chi pensa che oggi fare la differenza sia impossibile: cosa ne pensi?

Si parte sempre da noi, qualunque tipo di influenza, anche piccola, tu voglia avere sul mondo esterno, deve partire da te, è così che si può avere davvero un impatto. Alla fine poi si tratta di cambiare le nostre abitudini e le abitudini della nostra società. E quando questo accade, ti chiederai come mai non lo avessi fatto prima.