Midway, il kolossal di Roland Emmerich che racconta le epiche gesta nella battaglia omonima della flotta americana impegnata nel Pacifico contro la Marina Imperiale Giapponese tra il 4 e il 7 giugno 1942, è un film di guerra classico altamente adrenalinico. Un resoconto epico senza la musicalità dei versi omerici ma con l’arte degli effetti speciali che immergono gli spettatori in un’epoca lontana tra fiumi di proiettili e imprese al limite dell’umano.
Lo stile narrativo ricorda molto i film di guerra degli 40’ e ’50 che celebravano le eroiche battaglie combattute dagli Usa nel Pacifico con la sostanziale differenza che per Emmerich non esistono i “musi gialli”. Il suo scopo è ricostruire con minuziosa attenzione gli eventi bellici, compresi quelli che hanno preceduto la battaglia delle Midway, mettendo sullo stesso piano il valore militare degli eroi americani e quello dei giapponesi. La guerra non è un luogo diverso da una fabbrica o da un’azienda, vince chi sa andare fino in fondo organizzandosi al meglio e perde chi arriva secondo. È una lotta contro il tempo, la paura e se stessi dove manca la possibilità di pensare ad altro che colpire per primi e scappare al momento giusto.
In oltre due ore di film esiste solo un momento, dopo il bombardamento di Tokyo del 1942, in cui l’eroe che ha condotto il blitz si rende conto mentre fugge attraverso la Cina delle orribili conseguenze delle proprie azioni e della crudeltà di una guerra che miete vittime innocenti.
I protagonisti del racconto sono tutti realmente esistiti e ognuno incarna un aspetto dell’etica dell’autentico guerriero degno di un manuale pratico sull’essere un eroe. Abnegazione, fatalismo, senso di responsabilità, intelligenza tattica, coraggio e spirito di corpo, sono le doti che ritroviamo nei vari personaggi: dall’ammiraglio Chester Nimitz, interpretato da Woody Harrelson, che sa recuperare il morale dei suoi uomini e valorizzare le loro doti migliori dopo la batosta subita con l’attacco di Pearl Harbor del 7 dicembre 1941, al tenente Richard “Dick” Best, impersonato da un ottimo Ed Skrein, protagonista di azioni aeree contro le forze giapponesi al limite di ogni possibilità umana, fino a Patrick Wilson nei panni di Edwin T. Layton, responsabile dell’intelligence militare che fu in grado di decriptare i messaggi cifrati dell’esercito giapponese e Dennis Quaid, il tenente comandante Wade McClusky che guidò il 18 aprile 1942 una flotta di bombardieri fino a Tokyo nel primo attacco aereo che gli Stati Uniti condussero sul suolo del Giappone durante la seconda guerra mondiale.
Il regista, noto per essere una sorta di re del disaster movie e degli effetti speciali non tradisce le aspettative ricreando la sorpresa e la devastazione dei bombardamenti durante il raid nipponico su Pearl Harbor e lo spettacolo delle elettrizzanti picchiate aeree che hanno permesso agli americani di fermare l’avanzata giapponese nel Pacifico. Sono momenti ad alto contenuto spettacolare che rischiano però di fare dimenticare il certosino lavoro di ricostruzione storica del lavoro di Roland Emmerich.
Oltre alla spettacolarità delle scene di battaglia che trascinano lo spettatore dalla comoda poltrona del cinema alla spaventosa posizione verticale di un mitragliere su un aereo in picchiata c’è il racconto degli anni che hanno preceduto la guerra del Pacifico quando Inghilterra e Giappone intrattenevano ancora rapporti diplomatici frutto dell’alleanza che li aveva visti uniti durante la Prima Guerra Mondiale. Furono proprio gli interessi degli Stati Uniti a contribuire alla rottura di questo sodalizio e a fare pendere la bilancia del Giappone verso la Germania nazista. L’ascesa della Marina militare imperiale nel Sud Pacifico era vista male dalle superpotenze dell’epoca e la combinazione degli opposti nazionalismi fece deflagrare il mondo. Un filone narrativo del film analizza le scelte tattiche e il lavoro dell’Intelligence militare per anticipare le mosse dell’astuto ammiraglio Isoroku Yamamoto, interpretato da Etsushi Toyokawa, comandante in capo della Flotta del Sol Levante e ideatore del complesso piano di attacco alle isole Midway.
Roland Emmerich ci tiene a sottolineare come gli uomini in guerra altro non siano che degli individui completamente immersi nel proprio lavoro a scapito della propria salute e di ogni relazione sentimentale.
Quando alla fine alzano la testa il mondo attorno a loro continua a girare e non resta che onorare i morti nella speranza di non dovere rivivere più l’inferno appena affrontato.
«Volevo raccontare il coraggio di queste persone. Mostrare il punto di vista dei due contendenti, come si preparano le battaglie e quanto gioca la fortuna senza perdere di vista la verità storica della battaglia delle Midway», dichiara alla stampa il regista. «Volevo realizzare questo film 20 anni fa, ma sono contento di non esserci riuscito. Allora l’America era diversa e oggi c’è bisogno di ricordare come ci siamo uniti tutti in nome della libertà. La rinascita del nazionalismo, il risorgere del fascismo nel mondo ha come conseguenza la guerra. O almeno così fu 80 anni fa. Midway rende omaggio a individui veramente coraggiosi, persone disposte a mettere la propria vita in gioco per la libertà, la democrazia e gli ideali in cui credono».
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