Ci sono mancati il suo sguardo, i suoi silenzi e la sua freddezza. Ciro di Marzio di Gomorra, la serie ritorna in azione. Questa volta, protagonista assoluto de L’immortale, nelle sale dal 5 dicembre firmato da colui che lo ha interpretato fino alla terza stagione: Marco D’Amore.

«Si tratta di un esperimento cross-mediale», afferma l’attore-regista-sceneggiatore, «che traghetterà il pubblico verso la quinta stagione della serie di Sky (nel 2021 ndr)».

«L’immortale», la trama

Vi ricordate il finale della terza serie? E chi se lo dimentica: Ciro viene colpito da una pallottola, il suo corpo sta affondando nelle acque del Golfo di Napoli. Ecco, il film riparte proprio da qui: Ciro non è morto. Non è un caso che sia stato chiamato “l’immortale” negli anni Ottanta quando neonato fu salvato dalle macerie del terremoto di Napoli. La sua condanna è proprio questa: continuare a vivere senza espiare le proprie colpe.

Da Napoli Ciro si sposta in Lettonia, e mentre il suo amico “fraterno” Genny compra una mega villa a Posillipo e cerca di controllare la piazza partenopea, Don Ciro, così lo chiamano i napoletani nelle terre del Nord, serve la cocaina sul mercato gestito da russi e lettoni, tra cui impera una guerra implacabile. E dove ci sono le guerre c’è l’immortale perché lui, non ha paura di perdere nulla. Ha già perso tutto. «Ed è proprio la paura a dominare questa nuovo tassello di Gomorra», dice D’Amore.

«L’immortale», alcune importanti ‘novità’

Si ripercuotono anche in Lettonia i conflitti tra cosce e compagni di spaccio, ma soprattutto scopriamo i conflitti emotivi di Ciro che emergono in un continuo gioco di flashback. Per la prima volta lo vediamo scugnizzo (a interpretarlo è l’undicenne Giuseppe Aiello), mentre cresce troppo in fretta da orfano in mezzo alla strada, con quel sorriso contagioso che non conoscevamo, e ci imbattiamo in Bruno, suo padre putativo, colui che lo inizierà alla malavita.

Siamo in una Napoli di fine anni Ottanta, diversa da quella raccontata in Gomorra: «Si contrabbandavano sigarette, si rubavano autoradio e la povertà imperava», afferma il neo regista, «Napoli si era dimenticata della propria infanzia e orde di ragazzini erano abbandonati a sé stessi».

In questo contesto cresce Ciruzzo, tra piccole rapine e contrabbando, tra la mano protettiva di Bruno e l’inganno, mentre il suo cuore batteva per Stella. Un viaggio nella micro criminalità che lo porterà al cospetto di Pietro Savastano.

«L’immortale», una chiave di lettura classica per Ciro

Marco D’Amore non tradisce la serie, la arricchisce, ci racconta un lato inedito di Ciro: «Un personaggio in cui confliggono bellezza e orrore», afferma l’interprete, «è come una vetta insormontabile e un abisso senza fondo, dipende da come lo osservi, e ha la potenza di Amleto o Jago». Ciro riuscirà a sfiorare l’immortalità di questi personaggi shakespeariani? Solo il tempo ci darà la risposta.