Secondo Coco Chanel, «una moda che non raggiunge le strade non è moda», e di fatto se la consideriamo come insieme di tendenze figlie della società in cui nascono, e al tempo stesso influenza per coloro che ne fanno parte, è proprio così. Tuttavia, se parliamo di moda come ispirazione al di là degli abiti che si indossano e dimensione creativa in cui sognare e rifugiarsi, come ogni altra forma estetica, allora il concetto che la racchiude inizia a presentare nuove e fondamentali sfumature.
Ma le parole servono a ben poco quando si assiste a una sfilata Haute Couture, perché allora capire cos’è la moda, al di là delle mode, diventa più chiaro senza bisogno di grandi spiegazioni. Dal 20 gennaio, a Parigi, hanno iniziato a sfilare le collezioni di alta moda per la stagione Primavera/Estate 2020, portando in passerella le nuove, lussuose, sofisticate e oniriche creazioni delle maison, dando vita a dei veri e propri racconti. Uno su tutti, quello messo in scena da Dior grazie alla collaborazione con l’artista Judy Chicago, che per l’ultima collezione di Maria Grazia Chiuri ha ideato uno spettacolare set nel giardino del Musée Rodin in celebrazione del femminismo e della maternità intesa come atto di creazione.
Sotto i riflettori, e in uno spazio roseo che ben rappresentava il sacro tempio femminile in cui nasce e cresce la vita, hanno sfilato delle donne-divinità in silhouette di ispirazione greca, e in una palette dorata tramutatasi poi in blu, color ametista, rosa cipria e argento, tra ricami opulenti, chiffon a strati, frange e pieghe ondulate. La femminilità, secondo una visione più bucolica e al tempo stesso austera, è stata protagonista anche da Chanel, per cui Virginie Viard ha ricreato – ovviamente all’interno del Grand Palais – il giardino del chiostro dell’abbazia di Aubazine, l’orfanotrofio dove Coco Chanel trascorse sei anni d’infanzia dopo la morte di sua madre. Nonostante i dettagli più giocosi e naïf, come gli stivaletti bianchi allacciati con nastro nero e le pantofole di velluto con calzini bianchi spessi, i dettagli Haute Couture sono quelli che hanno fatto la differenza, dalla nuova interpretazione del tweed da sera, con nastri di organza intrecciati a spina di pesce, sino ai dettagli in chiffon e agli immancabili, e impeccabili, ricami.
Tornando invece al tema della divina donna, la designer che probabilmente riesce più a trasformare le silhouette in figure eteree e al di là di questo mondo terreno è Iris Van Herpen: ancora una volta la stilista, il cui approccio, più che essere vincolato al passato, è ispirato continuamente dalla ricerca di forme e tecniche future – dal taglio laser alla stampa 3D – ha creato un dialogo tra moda e scienza esplorando il lavoro del neuroanatomista spagnolo Ramón y Cajal sulla vita marina più profonda. Il risultato sono delle creazioni che turbinano attorno al corpo come se fossero in costante movimento, tra spugnose nuvole di organza, cotone e chiffon e leggerissime strutture scultoree. I contorni della femminilità sono stati ridisegnati, e ripensati, anche da Schiaparelli, che ha ripercorso le proprie origini surrealiste per analizzare la dualità della donna tra sogno e realtà, spiritualità e sensualità, in un mix di abiti ultra glamour e mise androgine, ma sempre e comunque dall’allure audace, dai colori alle trasparenze, sino ai volumi e alle asimmetrie maxi. Queste e molte altre le collezioni più spettacolari di questa Paris Fashion Week dedicata alla Haute Couture: le più belle nella gallery.
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