Capodanno 2007
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Al compleanno di re Harald di Norvegia
Capodanno 2012
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Capodanno 2014
Capodanno 2014
Capodanno 2014

Mary di Danimarca non solo sa cosa fa a Capodanno ma sa anche cosa mettersi. O per lo meno è stato così nel 2007, nel 2012, nel 2014 e nel 2020. Nello sconfinato guardaroba della principessa venuta dalla Tasmania, c’è un abito che ricorre più volte tanto da essere definito dalla stampa il suo «preferito» anche se, tra tutti quelli che possiede, è forse uno dei più essenziali.

Meno simbolico del Coronation dress della regina Elisabetta, lineare quasi quanto il tailleur bianco di Letizia scelto per l’annuncio del suo fidanzamento con Felipe, meno scintillante dell’inarrivabile Elvis dress di Diana e meno spumeggiante del Nina Ricci passato di madre in figlia nel regno di Svezia, la forza del «burgundy dress» tuttavia potrebbe risiedere proprio in questa semplicità dietro cui si nascondono un dedalo di significati.

Dopo i gabbiani di Oscar de la Renta sfoggiati a Sydney da Meghan, torniamo per certi versi nel Nuovo Continente. La moglie dell’erede al trono di Danimarca, il principe ereditario Frederik, sarà la prima regina nata in Australia e anche se sul trono siede ancora Margherita II, la commoner Mary Donaldson si è aggiudicata più volte il titolo di royal meglio vestita del mondo. Cosa ha di speciale quel vestito bordeaux per essere stato esibito in sette occasioni importanti in tredici anni? Proviamo a ricostruirne i motivi.

Lasse Spangenberg
Lasse Spangenberg
Birgit Hallstein
Birgit Hallstein
Birgit Hallstein
Heartmade
Heartmade
Jesper Høvring
Jesper Høvring

L’amore tra Mary Donaldson e il principe Frederik è scoppiato all’alba di questo millennio durante le Olimpiadi di Sydney. Si incontrano in un pub e perdono la testa l’uno per l’altra. Si fidanzano nel 2003 ma la trentenne australiana comincia un training l’anno prima per diventare all’altezza del suo ruolo. Oltre al protocollo e la lingua, la giovane donna deve cominciare a vestirsi in maniera adeguata: basta look eccessivamente sportivi e ombelichi in bella vista. In quel periodo comincia il sodalizio tra Mary e Anja Camilla Alajdi, molto più di una semplice stylist ma una fedelissima alleata nella sfida più importante da vincere in uno scenario internazionale: quella dello stile. «Non mi sentirete mai usare il nome della principessa» disse in un’intervista Anja Camilla Alajdi e forse è per questo che la collaborazione dura tutt’ora con evidente reciproca soddisfazione.

Nel 2003 la regina acconsente al matrimonio tra Mary e Frederik, cerimonia che si terrà nella Cattedrale di Copenaghen il 14 maggio 2004. L’abito era firmato da Uffe Frank, uno stilista danese che prima di rientrare in patria aveva trascorso trent’anni a Milano alla corte di Giorgio Armani e di Valentino. Silhouette definita e stretta in vita oltre alla scollatura a barchetta sono due elementi che ritroveremo spesso nel guardaroba di Mary anche nelle evoluzioni che l’abito burgundy ha subito negli anni.

La creazione di velluto disegnata da Birgit Hallstein ha fatto il suo ingresso in società il primo di gennaio 2007 per il consueto ricevimento di Capodanno organizzato al palazzo di Amalienborg. La longilinea principessa era incinta di cinque mesi della sua secondogenita, Isabella. Le maniche leggermente a sbuffo e svasate, le rifiniture con passamaneria, la leggera increspatura sulla scollatura rotonda sono le particolarità di un abito solo all’apparenza semplice. La sua funzione è quella di emanare regalità e di diventare una tela su cui fare risaltare i preziosissimi gioielli di cui era adornata, una tiara di diamanti e rubini, un paio di orecchini chandelier e una collana ricca di pendenti.

La Danish Ruby Parure è uno dei set più sontuosi su piazza reale non solo per valore ma anche per storia. L’origine di quella incredibile quantità di foglie e fiori di diamanti e rubini risale al 1804 addirittura ai tempi dell’incoronazione di Napoleone. Il set è passato di regina in regina e nel 1935 fu donato dalla sovrana danese Alessandrina alla principessa Ingrid di Svezia per le nozze con suo figlio, Frederik. La regina Ingrid indossò la parure per tutta la vita e alla sua morte la lasciò in eredità al nipote Frederik (lo stesso nome del marito) per poterla affidare a quella che un giorno sarebbe diventata sua moglie.
Quella che sarà una costante di questo abito da inizio anno è l’elefante che spicca all’altezza del grembo. Si tratta di un omaggio alla tradizione danese: l’animale non è un vezzo ma il simbolo dell’Ordine imperiale dell’Elefante, l’ordine cavalleresco più illustre e antico della Danimarca dal momento che risulta fondato nel 1462 da Cristiano I.

Mary deve essersi trovata bene con quel vestito. Lo sceglie infatti meno di due mesi dopo per un’altra importante occasione: la cena di gala per il settantesimo compleanno del re di Norvegia Harald. Considerandolo forse un premaman, l’abito finisce in soffitta fino al Capodanno del 2012 quando magicamente rispunta sul red carpet del palazzo reale con qualche leggera modifica.

Il prezzo che la corona danese ha pagato per avere in casa la best dressed royal in ogni classifica è stato piuttosto alto. Mary aveva la fama di essere una spendacciona: le saranno anche piaciute la sartorie di Copenaghen ma non era in grado di resistere alle griffe internazionali. La collezione delle sue borse è stata stimata 200mila dollari e tra gli esemplari in suo possesso sarebbe inclusa una Birkin di Hermès da 44 mila dollari.

La stampa le rinfacciava di essere una specie di Imelda Marcos danese mentre la accusava di possedere oltre mille paia di scarpe. La stylist Anja Camilla Alajdi si affrettò a rettificare: nella scarpiera della principessa non ci sono più di un centinaio di calzature. Il vento cominciava a cambiare, per i reali e non solo per loro. Nella sua vita borghese Mary Donaldson aveva anche un passato in pubblicità e, aiutata dalla fidata collaboratrice, decise di cambiare lo storytelling su di sé cominciando a riproporre vecchi abiti e rifarsi una verginità da parsimoniosa in un’era in cui «riciclare» un vestito era considerato ancora un fashion fiasco.

La conversione della principessa è arrivata quando su Kate Middleton si erano appena accesi i riflettori. Il riuso degli abiti sembra averlo inventato la duchessa di Cambridge ma Mary, che Karl Lagerfeld chiamava la «sorella maggiore» dell’omologa britannica, le ha fatto decisamente da apripista. Ora la nuova sfida da vincere era quella di trovare un compromesso tra eleganza e sostenibilità, una parola che nella prima metà degli anni 10 ha cominciato a diventare un imperativo specialmente a partire dal nord Europa.

Se del burgundy dress nel 2012 è stata ritoccata la scollatura, è stata tolta la passamaneria e sul cinturino ben avvitato attorno al ventre piatto della principessa era appuntata una spilla della famosa parure, per il Capodanno del 2014 Birgit Hallstein si limita a confezionarle un collarino dello stesso velluto impreziosito, ancora una volta dalla stessa spilla. Quando Frederik è stato nominato contrammiraglio della Marina, nel nuovo ritratto della coppia ecco riapparire il vestito di velluto bordeaux nella versione pulita con la spilla in cintura.
Quando tutte le potenzialità dell’outfit sembravano esaurite, ecco rientrare in campo alla cena di Capodanno del 2020 l’abito con l’aggiunta del bracciale di rubini chiuso sulla manica già da tempo ristretta.

Quel colore è molto amato in famiglia. Non sappiamo che indicazioni ebbe a suo tempo Birgit Hallstein ma andando un po’ a scavare nel guardaroba della suocera, vediamo che la regina Margherita ha indossato per il suo Silver Jubilee del 1997 un abito davvero molto somigliante. Nata come una sorta di captatio benevolentiae o come una citazione per abili solutori, di quella stessa tinta e di quello stesso tessuto Mary possiede un vestito indossato per un concerto a Varsavia nel 2019 firmato da Beulah London, un brand molto apprezzato anche da «sorellina» putativa Kate.

Negli ultimi anni la principessa si è spesa tantissimo per la moda del suo paese diventando anche la madrina del Copenaghen Fashion Summit dichiarando che «il profitto non può continuare ad essere l’unico modo per misurare il successo: la trasformazione sostenibile deve essere un imperativo aziendale e una priorità fondamentale». Passi pure che c’è un pizzico di marketing nelle sue scelte di stile ma è un dato di fatto che i suoi outfit siano di fatto un manifesto. Con la pandemia, inoltre, al termine sostenibilità Mary lega un rivolto etico e sociale con un occhio rivolto alla tutela dei lavoratori e alle donne perché sono loro le più impiegate nel settore.

La vecchia Mary che una volta si è lasciava andare a uno shopping sfrenato, ora è una paladina del consumo consapevole. Invita tutti a recuperare i propri capi dal guardaroba seguendo il suo esempio anche se magari per lei è un po’ più semplice attingere a un patrimonio decisamente diverso da quello di noi comuni mortali. Uno dei suoi ritornelli è guardare alla storia di un abito, il vero valore aggiunto della moda di nuova generazione che non può più ridursi a un impulso o a un desiderio usa-e-getta.

«Conservo vestiti che penso che le mie figlie erediteranno un giorno» ha confessato a Hola «altri capi vengono passati a persone che possono trarne beneficio». E poi c’è lei che cuce e disfa, aggiunge e toglie ai suoi vecchi capi. Un esempio da seguire anche senza secondi fini. A partire da Capodanno. La futura sovrana di una delle monarchie più vecchie del mondo intanto ci butta là un suggerimento. Se fino all’ultimo non si sa cosa fare per iniziare l’anno, si può decidere cosa indossare già adesso. Sapere intanto cosa mettere è già un bel problema di meno.

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