La regina Beatrice da un anno meditava di lasciare il trono a suo figlio. Dopo trentatrè anni a capo della monarchia olandese aveva deciso che era giunto il momento di lasciare lo scettro alle giovani generazioni. La notizia dell’abdicazione (che nei Paesi Bassi è prassi non una questione innominabile) fu data in diretta televisiva il 28 gennaio 2013: il 30 aprile successivo, la data in cui si sarebbe festeggiato il tradizionale Giorno della Regina, la sovrana avrebbe passato il testimone al primogenito Guglielmo Alessandro e a sua moglie Maxima, quella donna argentina che nel 1999 aveva stregato un giovane principe in vacanza a Siviglia.
Se un paese non può che gioire di fronte a un evento del genere, c’è un settore che trema quando arriva un annuncio di quel tipo. Tensione nelle case di moda care a Maxima, quelle che avevano contribuito a forgiare il suo stile apprezzato anche su scala internazionale. Tuttavia a febbraio di quell’anno solo un telefono squillò: era quello di Jan Taminiau, uno stilista originario della provincia del Brabante, di Goirle per la precisione, un conterraneo di Victor & Rolf che, a differenza del duo creativo, aveva avuto già modo di fornire i propri servigi non solo alla reale olandese ma anche a Lady Gaga e Beyoncé.
Ora però il designer non doveva più vestire una principessa ma il suo ruolo era quello di consegnare una regina alla storia. E lo fece con un abito blu come un luminoso cielo notturno ricoperto di stelle. Il vestito fu reso ancora più intenso e solenne da un mantello che, visto in movimento, sembrava donare a Maxima i poteri di una supereroina dal capo cinto da una tiara tempestata di zaffiri.
Quando abbiamo cominciato a parlare delle grandi storie di vestiti reali siamo partiti dal Coronation dress della regina Elisabetta. Nel 1953 c’era Norman Hartnell a curarsi del carico di simbolismo che l’abito dell’incoronazione della sovrana reggente inglese doveva avere: a distanza di sessant’anni, per la regina consorte Maxima c’è un sarto che vive ogni creazione come un’opera d’arte e che punta tutto sul colore da abbinare all’ermellino del re nel giorno della sua investitura per ricreare le suggestioni della bandiera olandese.
In questo ciclo di racconti abbiamo esplorato, non solo la più importante delle cerimonie per una casa reale, ma anche i fidanzamenti come quello in tailleur bianco di Giorgio Armani di Letizia Ortiz con Felipe e l’abito principesco firmato Christian Dior di Grace Kelly per la prima volta nelle vesti di futura sposa di Ranieri di Monaco. Per quanto riguarda la royal family, abbiamo scovato tutti i dettagli relativi al famoso Elvis dress di Diana ma ci siamo occupati anche di Kate e Meghan: della prima abbiamo descritto il rapporto che la lega con Jenny Packham mentre della seconda invece abbiamo indagato le ragioni che l’hanno condotta a scegliere un abito di Oscar de la Renta in occasione di un evento in calendario nel tour australiano. Le reali contemporanee conoscono bene l’importanza della sostenibilità della moda: ce lo insegnano Mary di Danimarca con il suo burgundy dress e Victoria di Svezia che ha rispolverato ai Nobel un Nina Ricci della madre Silvia. Tra una cerimonia e l’altra, spazio anche allo street style e per farlo non potevamo che prendere a modello la più irriverente delle duchesse britanniche: Sarah Ferguson, la Sloane Ranger che sapeva volare.
Maxima e Guglielmo Alessandro avevano rilasciato un’intervista televisiva qualche settimana prima del gran giorno. Se i giudizi sul futuro re erano piuttosto tiepidi, l’indice di gradimento per la moglie era alle stelle. Agli olandesi che lei fosse argentina d’origine poco importava, anzi. Quando la stampa ha cominciato a seguire le gesta dei due innamorati, in effetti il fatto che fosse nata a Buenos Aires, era il minore dei problemi dell’allora bionda dirigente di banca con una brillante carriera avviata a New York.
Il cognome di Maxima è Zorreguieta e suo padre Jorge è stato ministro dell’Agricoltura sotto la dittatura di Videla. I suoi natali hanno messo a repentaglio l’unione ma alla bionda fidanzata del principe è bastato in primo luogo sciacquare i griffatissimi panni in Amstel imparando perfettamente la lingua mentre il passo successivo, quando il gioco si faceva duro, è stato necessario ripudiare la famiglia almeno negli impegni pubblici come il matrimonio.
Per le nozze celebrate il 2 febbraio del 2002, la sposa si presentò con un abito in seta mikado di Valentino, la maison del suo cuore che però non avrebbe potuto vestirla anche nel momento in cui sarebbe diventata regina. Per quell’occasione serviva qualcuno che fosse olandese doc.
Prima di diventare una campionessa di stile Maxima ci ha messo un po’. All’inizio era più istintiva e qualche scivolone lo ha commesso pure lei tipo quella volta che per il Giorno della Regina del 2004 si è infilata una giacchettina striminzita di jeans che invece di sdrammatizzare l’outfit, lo aveva reso tragico agli occhi degli esperti (quella giacca adesso è nell’armadio delle figlie che stanno cominciando a saccheggiare – giustamente – l’infinito guardaroba della madre).
A differenza delle sue «colleghe» delle altre case regnanti, pare che Maxima non abbia una stylist ma si occupi personalmente del suo look. C’è chi l’ha vista in giro per negozi ma è più probabile che per lei si adoperi qualcuno che viene definito nell’ambiente un mistery shopper.
Strafalcioni iniziali a parte, il suo brand di riferimento è Natan: la griffe più amata dalle royals del Benelux ha però base a Bruxelles. Tra i blog di appassionati di moda reale, qualcuno aveva già scommesso su Jan Taminiau, una firma che aveva accompagnato la principessa con grande classe in molti appuntamenti ufficiali. Paillettes, geometrie, ricami, tessuti pregiati e sfumature sono gli elementi attorno a cui ruota il talento del designer che ha fondato il suo marchio (nome e cognome tutto attaccato) nel 2003, specializzandosi l’anno successivo in haute couture.
La prima volta che Maxima ha scelto un capo di Taminiau è stato nel 2009 all’apertura della Biennale della moda di Arnhem. Per presenziare all’evento che ogni due anni mette in mostra le promesse del design e della moda nel luogo in cui sorge l’accademia che ha formato lo stilista classe 1975, la principessa ha sfoggiato una giacca patriottica realizzata con sacchi postali con la bandiera olandese. Con tutto il rispetto per Maxima, il vero colpo di Jan Taminiau fu messo a segno nel 2010, l’anno in cui Lady Gaga fu avvistata per le vie di Parigi con uno scultoreo abito bianco dalla scollatura piuttosto azzardata creando il caso. Nel 2011, il designer realizzò gli outfit per il video dell’artista You and I e nel 2004 anche Beyoncé si rivolse a lui per un body da mettere nel manifesto della promozione del suo quarto album. Il pop forse però non era nelle sue corde. Quando anche Rihanna andò a bussare alla sua porta, lui preferì diventare il fidato sarto di quella che un giorno sarebbe diventata la sua regina.
Nel suo piccolo atelier nel quartiere a luci rosse di Amsterdam si immaginava più artista che direttore creativo di una casa di moda riconosciuta sì a livello internazionale ma che gli avrebbe impedito di creare gli abiti artigianalmente, come si faceva un tempo. Ciò che Taminiau realizza è disegnato più per finire in un museo che sulle passerelle e sui red carpet.
Da ragazzo lo stilista a causa della sua dislessia aveva vissuto la sua infanzia preferendo osservare piuttosto che buttarsi nella mischia. Questo gli ha permesso di alimentare la sua fervida immaginazione, aiutato dal suo contesto familiare. Sua nonna era una antiquaria e lui si perdeva in mezzo a tutte quelle cianfrusaglie raccolte in cantina. Con i primi tessuti recuperati, confezionava gli abiti da principessa che faceva indossare alla sorella nei loro pomeriggi di giochi.
Jan Taminiau si preparava a quella telefonata da una vita. A febbraio 2013 aveva appena presentato la sua ultima collezione nella residenza dell’ambasciatore olandese a Parigi chiamandola Image Tranquille. La richiesta di appuntamento si accavallava con la notizia dell’abdicazione della regina Beatrice. Per Jan è tutto chiaro: il prescelto è lui. All’edizione olandese di Elle confesserà che in quel momento si è sentito «estremamente felice e orgoglioso».
«Ero particolarmente onorato del fatto che la principessa Máxima mi avesse scelto» si legge sulla rivista «per me è stato un momento in cui storia e futuro si sono incontrati». Taminiau racconta che con la futura regina è stato fatto un lavoro di brainstorming per capire da dove partire. Per il resto ha avuto campo libero per un lavoro che doveva svolgersi in gran segreto. La discrezione, come sempre accade in questi casi, è forse il requisito principale. Il suo unico pensiero era come renderla il più bella possibile, mettendola al contempo a proprio agio: sapeva che su di lei si sarebbero accesi i riflettori del mondo.
Lui e il suo team composto da 80 persone in quelle poche settimane hanno lavorato senza sosta. Nell’ultima collezione c’era un abito blue royal e Taminiau non vedeva l’ora di presentarlo a Maxima. C’è parecchia creatività in quel colore che si ottiene sovrapponendo due strati di tessuto, la crêpe di seta sotto e lo chiffon sopra ottenendo così una sensazione vibrante e profonda, tutt’altro che piatta. A dispetto di ciò che si possa pensare, l’abbinamento con la parure di zaffiri è arrivato dopo anche se è tutto perfettamente coordinato, considerando anche che anche la regina Giuliana nel 1948 indossava per la sua incoronazione un vestito blu che, con il manto di ermellino bianco e rosso, diventava un omaggio alla bandiera.
L’abito dalla silhouette aderente è molto femminile grazie anche al ricamo realizzato da uno dei migliori laboratori del settore. Quei motivi sulla trasparenza sembrano quasi tatuaggi sulla pelle ma fu un comunicato stampa ufficiale a spiegare il riferimento: si trattava di un omaggio alla ceramica di Delft. Uno degli obiettivi di Taminiau era quello di creare una frizione tra l’apparente fragilità dell’abito e la maestosità del mantello a cui ha fatto alzare le spalle dando all’ensemble più autorevolezza. Quel dettaglio poteva che sembrare maschile veniva ingentilito dal cinturino che dava grazia all’outfit regale.
L’abito blu della cerimonia di investitura di Guglielmo Alessandro non è l’unico realizzato per l’occasione. Dopo le varie celebrazioni, per Maxima – ora regina – era previsto un altro cambio d’abito per una gita in barca di rappresentanza per i canali di Amsterdam e per il ricevimento serale. È sempre di Jan Taminiau la mano che ha disegnato questa delicatissima creazione di pizzo, swarovski e ghirlande ricamate di fiori rossi.
Il sodalizio tra la regina e il suo sarto continua ancora oggi: per Taminiau Maxima è davvero una musa. Lui continua con le sue collezioni, da poco si è buttato anche nel prêt-à-porter sognando di portare un po’ della sua magia nella vita delle donne di tutti i giorni. Fa incetta di premi ed è venerato dalla stampa del suo paese anche se, dobbiamo ammetterlo, è poco noto a queste latitudini.
C’è anche da dire che forse qui non c’è il suo mercato e un peso massimo come la regina dei Paesi Bassi forse può bastare, se non altro a soddisfare i suoi sogni da bambino. «Come stilista, il mio obiettivo è realizzare l’abito definitivo, ogni volta, e ogni volta ancora». Finché sarà nella grazie di Maxima, non sarà difficile per lui raggiungerlo.
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