Sono trascorsi soli nove anni da quando John Galliano dovette lasciare Christian Dior, ma quel periodo sembra essere già lontano anni luce dal presente. Il suo incarico terminò nel 2011, quando lo stilista venne licenziato a causa di pesanti commenti anti-semiti; questo proprio quando stava nascendo l’era di Instagram e cresceva – a buon ragione – il dibattito sulle questioni di genere, sul tema dell’appropriazione culturale e sull’inclusività. (Galliano si è poi scusato impegnandosi in maniera significativa per farsi perdonare).
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Getty Images
Ciò non toglie che, a pensarci adesso, appare quanto mai chiaro che la nomina di Galliano nel 1996 fu uno degli esempi più radicali di rebranding di un marchio. Sinonimo di un’eleganza e una femminilità d’altri tempi, Dior divenne improvvisamente una fucina di eccentrica creatività britannica che, nel corso dei 15 anni che seguirono, offrì autentici momenti di genio.
Robert Fairer
Ora che il pendolo della storia oscilla indietro e si fa avanti una nuova ondata di nostalgia per gli Anni 2000, è piuttosto naturale che l’epoca di Galliano a Dior ispiri una nuova generazione di fan. Stiamo parlando di fan come gli attuali direttori creativi di Dior, Maria Grazia Chiuri e Kim Jones; curatori e stylist che seguono l’account Instagram di successo @Diorinthe2000s e persino gli esperti di stile più fanatici che partecipano ad aste su eBay per aggiudicarsi una delle sue tanto amate borse saddle o un abito sottoveste con stampa a giornale su Vestiaire Collective.
Robert Fairer
Con tempismo quasi preveggente, due nuovi libri ripercorrono l’opera di Galliano durante gli anni gloriosi da Dior. Il primo, John Galliano for Dior (Thames & Hudson) è un volume visivamente straordinario del fotografo Robert Fairer, che offre uno sguardo raro dai backstage di un’epoca in cui le immagini dietro le quinte erano limitate. «Quell’esperienza fu l’espressione più bella e liberatoria della femminilità che vi era allora», spiega Fairer, che si occupava anche di fotografare le sfilate per Vogue. «John lavorava con un team di personalità affascinanti da cui si rimaneva assuefatti. C’era un entusiasmo pazzesco: lavoravano tutti per creare il miglior show, la miglior collezione, qualcosa in cui credevano tutti: una fantasia».
Robert Fairer
Il secondo volume, Galliano: Spectacular Fashion (Bloomsbury) è un excursus enciclopedico di ogni sfilata, ad opera dell’esperto battitore d’asta Kerry Taylor, che prende in esame le elaborate storie che hanno dato vita ad ogni collezione. Entrambi i libri mettono in luce le qualità da sogno delle sfilate di Dior nella visione di Galliano, la loro narrativa unica e originale, le proporzioni estreme e le collaborazioni dello stilista con i nomi leggendari del settore, tra cui la makeup artist MBE Pat McGrath.
Ma come mai il Dior di Galliano sta ispirando la Generazione Z?
Robert Fairer
1. La moda nella sua versione più spettacolare
Uno degli aspetti più straordinari di Dior sotto Galliano era la stravaganza più sfarzosa delle sue sfilate, che raccontavano una nuova storia ogni stagione sull’onda dell’estro più creativo dello stilista.
Importante tanto quanto gli abiti, alcuni dei quali erano paragonabili a maestose sculture, a dar vita alla mise-en-scène erano set teatrali creati da Michael Howells, un makeup look estremo ad opera di Pat McGrath, la musica di Jeremy Healy, le acconciature di Orlando Pita e i copricapi di Stephen Jones. A volte i set potevano includere un treno a vapore fatto arrivare dal sud della Francia, come il “Diorient Express”, o una giostra con mobili di dimensioni ispirate ai Viaggi di Gulliver per “Madame Butterfly”. Gli abiti erano secondari rispetto alla realtà da sogno della sfilata o, come scrive la curatrice della sezione moda e tessuti moderni del V&A, Oriole Cullen, nell’introduzione del volume John Galliano for Dior: «Un’immaginazione prorompente e una creatività smisurata abbinate alle abilità tecniche senza precedenti degli atelier della Maison Haute Couture Dior davano vita ad abiti fantasmagorici e a sfilate che surclassavano sistematicamente qualsiasi cosa si fosse vista in passato nel mondo dell’alta moda».
Robert Fairer
2. L’arte del saper bilanciare il colto e il popolare
In John Galliano for Dior, il critico di moda Colin McDowell viene citato in un’intervista a Vogue in cui afferma: «Una delle cose meravigliose che ha realizzato a Dior è stato abbinare la vitalità della strada e il ventre molle della città con l’esaltazione del mondo pop, accorpando il tutto con un tocco di couture». Nonostante ci fosse un inarrestabile senso di storicismo nella visione di Galliano, c’era anche un senso radicale di modernità che l’ha visto introdurre riferimenti alla cultura pop plastificata, allo streetwear e alla scena dei club kids londinesi.
Robert Fairer
Matrix (1999) viene mixato senza interruzioni di continuità a riferimenti militari napoleonici, la modella Anni ’60 Edie Sedgwick è accostata alla moglie di Napoleone, l’Imperatrice Giuseppina, e l’artista performativo Anni ’80 Leigh Bowery a costumi dell’opera cinese. La collezione Primavera Estate 2000 si ispirava all’album The Miseducation of Lauryn Hill (1998) e la metà dei look era composta da capi in denim Dior monogrammato con vistosi gioielli in oro. Quella fu inoltre la collezione in cui debuttò quella che sarebbe diventata la saddle bag. «Costi quel che costi, qualcuno deve portare Dior nel XXI secolo, anche se a calci e urla», affermò Galliano al programma televisivo britannico The South Bank Show nel 1996. La rapper Foxy Brown diventò una testimonial della Maison, tant’è che lo dichiarava persino nel testo di Oh Yeah, mentre Galliano si trasformava in un’icona per una generazione di star come Destiny’s Child, Lil’ Kim, Jennifer Lopez, Christina Aguilera e Britney Spears.
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3. Una reinterpretazione radicale della tradizione
Quando Galliano arrivò da Dior nel 1995, fu la prima volta che ad uno stilista britannico venivano affidate le redini di una casa di alta moda francese: questa nomina fu vista come un atto radicale e un “cambio della guardia”. Galliano infatti fu in grado di introdurre un segmento di mercato totalmente nuovo al tradizionale mondo della couture parigina e di reinterpretare il retaggio della maison con una verve post-moderna.
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«Spinse al limite il rispetto e la riverenza che richiedeva una casa di moda tanto venerata», scrive Talley nella prefazione a John Galliano for Dior. «Ha decimato la garanzia del mito di Dior frantumando i suoi stessi standard. Quando Galliano crea, è come se si stesse spingendo sull’orlo del precipizio». Alcune delle sue sfilate includevano reinterpretazioni del “New Look” sotto forma di geisha o prostitute dal sapore rétro. In un’epoca odierna in cui tradizione e patrimonio sono termini in voga e gli stilisti continuano a ricercare negli archivi, appare ancor più chiaro che l’approccio di Galliano alla storia di Dior fu completamente diverso.
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4. Una storia fantastica in ogni collezione
Ognuna delle sfilate di Galliano si immergeva in profondità dentro una storia permeata spesso da un romanticismo da favola. Da Dior vi erano infinite risorse che gli permettevano di animare e dar vita a queste trame immaginifiche: il risultato era un’estraneità kitsch che non si era mai vista prima nel mondo dell’alta moda. «I soldi non erano un problema», spiega lo scrittore Kerry Taylor in Galliano: Spectacular Fashion. «Le sfilate diventarono sempre più spettacolari. I suoi viaggi di ricerca si spinsero sempre più in là verso l’esotico». Alcuni prevedevano di noleggiare una mongolfiera per sorvolare il Nilo oppure di viaggiare fino in Cina per visitare monaci buddisti. Il risultato di quei viaggi erano collezioni audaci che citavano in maniera diretta altre culture, qualcosa da cui lo zeitgeist attuale si è evoluto, tant’è che i dibattiti sull’appropriazioni sono all’ordine del giorno. Galliano portò Dior alle masse e fece notizia lui stesso. «Se John reinterpreta l’Egitto, non avremo solo Tutankhamun», continua Taylor. «Nel suo caso, la mummia si sveglierà dalla tomba, andrà a far shopping a Parigi con bende in organza. [Galliano] prende le idee più disparate e le mette assieme per creare qualcosa di assolutamente nuovo ed emozionante».
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5. Ispirazione per gli attuali stilisti Dior
Sia Maria Grazia Chiuri che Kim Jones, gli attuali direttori creativi di Dior, hanno riconosciuto l’incredibile contributo di Galliano alla maison, citando e riproponendo alcune della sue creazioni più distintive, come la saddle bag, il denim monogrammato e le stampe a giornale (apparse nella collezione PE 20 di Kim Jones). Ma non sono gli unici. Taylor, che batte spesso all’asta alcuni dei capi storici di Galliano, fa notare che c’è una grande richiesta per i suoi design, soprattutto da parte di curatori di musei, collezionisti e direttori creativi che lavorano presso altre case di moda. «Persino Alexander McQueen era solito prendere i capi [di Galliano] [prima della sua morte] per smontarli e copiarli», afferma Taylor. «[Ora] molti stilisti vengono e acquistano da me le creazioni di Galliano proprio per via della loro straordinaria manifattura. E come dargli torto?»
Robert Fairer
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John Galliano for Dior di Robert Fairer (Thames & Hudson, 2019)
Galliano: Spectacular Fashion di Kerry Taylor (Bloomsbury, 2019)
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