Non fatico ad ammetterlo. Per qualche istante – forse più di qualcuno – ho pensato di essermi intrufolato dalla parte sbagliata. E non sarebbe certo stata la prima volta. Invece della grande sala del quartier generale milanese di Gucci, dove di solito, da qualche anno a questa parte, hanno luogo le sfilate delle collezioni della griffe, eccomi in un enorme backstage. Modelle e modelli in accappatoio, seduti composti, silenziosi e diligenti, intenti a farsi dare un’ultima phonata o un ultimo ritocco di ombretto.
IL VIDEO DELLA SFILATA:
Ma l’illusione di essere finito come un’Alice pasticciona in un mondo alla rovescia dura poco. Tutto troppo ordinato. Tutto troppo preciso. E, poi, basta guardarmi attorno con giusto un poco più di attenzione per capire che non sono l’unico a essere capitato in questo backstage in equilibrio tra realtà e finzione. Io, come gli altri ospiti (c’è anche, e non poteva non esserci, Achille Lauro), vengo gentilmente invitato ad affrettarmi a varcare la soglia, al di là di una sorta di grandioso sipario, per prendere il mio posto là dove, ormai è certo, qualcosa di stra-ordinario, sta per consumarsi in questa prima giornata di Fashion Week milanese dedicata alle collezioni per l’Autunno-inverno 2020/21.
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Una maestosa gabbia-pedana circolare, schermata da un velo rosa, ci si staglia dinnanzi. In sottofondo le note dissonanti eppure già armoniche, quasi per magia, di un’orchestra che sta per eseguire il suo pezzo. Ogni strumento è riconoscibile. A sovrastare quel caos così composto la voce «piccola» di quel gigante di Federico Fellini (del quale proprio pochi giorni fa si è celebrato il centenario della nascita): «Il cinema che era proprio questo, era suggestione ipnotica, ritualistica, cioè qualche cosa di religioso. Si usciva di casa, si parcheggiava la macchina in qualche posto, poi ci si incolonnava in cortei tutti rituali: il biglietto, la tenda che si apriva, la mascherina, guardare la platea mezza illuminata, riconoscere degli amici. Poi questa luce che si attenua, lo schermo che si accende e comincia la rivelazione. Il messaggio. Un rituale antichissimo, di sempre, insomma, che ha cambiato forma e modi ma era sempre quello: sei lì per ascoltare».
I VIP IN FRONT ROW ALLE SFILATE DI MILANO:
E siccome la moda non è poi molto diversa dal cinema, noi siamo qui per vedere. I modelli, quelli che prima ci avevano ingannato con la loro messa in scena (ma non lo era nemmeno poi tanto, anzi) entrano in fila, accompagnati dai creativi dell’ufficio stile di Gucci, tutti vestiti con una divisa da lavoro deliziosamente rétro. Lì, in mezzo a loro, si distingue anche Alessandro Michele, il direttore creativo. Ma lo si nota appena, merito dei lunghi capelli neri e di una camicia a scacchi che spicca tra il bianco degli accappatoi e il grigio delle uniformi.
Lo spettacolo ha inizio, davanti ai nostri occhi, sulle note del Bolero di Ravel, svelando al nostro sguardo quel che di solito ci viene nascosto. Il momento della preparazione delle modelle, la loro vestizione accurata e precisa. Quel momento, insomma, che è contemporaneamente l’ultimo dei lunghi mesi di ideazione e genesi della collezione, e il primo del suo disvelamento (della sua nascita, della sua morte?) al pubblico. Come in una cerimonia, in un rito (che viene persino definito religioso), in una liturgia sempre uguale a se stessa eppure sempre diversa, che ciclicamente si compie e si rigenera, in un meccanismo complesso e rigoroso, ecco farsi davanti ai nostri occhi la magia della moda. La pedana gira, i look si compongono, la collezione prende forma. Completandosi tassello dopo tassello, in un ingranaggio dalla precisione forse persino commovente. Certamente poetica.
LE SCARPE PIÙ BELLE DELLA FASHION WEEK DI MILANO:
«Che bellezza aver finito», esordisce Michele nel consueto appuntamento post-show con i giornalisti, definendo quel che già ci era parso chiaro: ovvero, il suo intento di celebrare, della moda, il suo farsi collettivo, il suo farci sentire parte di una confessione, anche senza condividerne poi del tutto ogni manifestazione e ogni sfaccettatura. «Quando vedo che esiste, io mi emoziono. Anche se alla fine mi stanca, devo proprio dirlo», prosegue Michele in tutta onestà. «Un giorno forse tutto questo smetterà, dicono. Ma non so se smetteranno davvero la magia e la bellezza della moda». No, siamo abbastanza sicuri che non smetteranno.
LE BORSE PIÙ BELLE DELLA FASHION WEEK DI MILANO:
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