A quale età umana corrisponde quella del cane? Per oltre mezzo secolo si è convenzionalmente ritenuto di rispondere che basta moltiplicare per 7 gli anni «anagrafici» del proprio cane. Tuttavia, questo calcolo pone qualche interrogativo considerando il fatto che molti cani arrivano a vivere 13-14 anni; che moltiplicato per 7-8 arriva al secolo e oltre. Mentre fra gli umani i centenari sono fortunate eccezioni. Una serie di studi statistici e scientifici ha messo a fuoco la questione negli anni fornendo indizi che in realtà l’età biologica dei cani potrebbe esser più anziana a un dato punto della loro esistenza. A cominciare dai giovani: un animale di 2 anni non corrisponde all’età puberale o adolescente di un uomo, ma è un adulto molto in là con gli anni. I cuccioli si sviluppano a tempo record e un anno e mezzo può corrispondere anche a un’età umana di 30 anni. Il che non deve stupire: in natura i mammiferi della famiglia dei canidi hanno la necessità di uno svezzamento accelerato dal momento che non possono continuare a lungo a necessitare delle cure parentali e gravare sul gruppo familiare. Per gli umani invece il processo di apprendimento e autonomizzazione è molto più lungo anche in forza dell’enormità del bagaglio di insegnamenti che devono acquisire, da cui un più lento processo di crescita. Tanto che oggi nell’ambito delle neuroscienze si è fatta strada l’idea che il cervello di un 18enne sia ancora suscettibile di importanti cambiamenti almeno fino all’età di 24-25 anni, che viene indicata come termine convenzionale dell’adolescenza anche per effetto dei fattori ambientali che condizionano il processo medesimo di crescita: necessità di prolungare gli studi; occasioni di lavoro; consolidamento tardivo di una piena stabilità e autonomia economica.
Come cresce e si sviluppa un cane
Nei cani invece il primo sviluppo è acceleratissimo. Quello che si crede un «cucciolone» di due anni ha l’equivalente dell’età di mezzo di un uomo, come hanno mostrato analisi comparate tra cani e umani del processo di metilazione, modificazioni del Dna utilizzate negli studi sull’età. Dopo quel periodo, l’invecchiamento dell’animale rallenta al punto che oggi è opinione diffusa che un moltiplicatore più realistico dell’età parametrata a quella umana sia pari a 5. Quindi un cane di 6 anni sarebbe già un ultracinquantenne e uno di 8 un ultrasessantenne (una quindicina di anni ciascuno i primi due, più 5 per i successivi). In pratica il cane arriva prima dell’uomo alla mezza età nella quale conduce poi gran parte della propria esistenza. Si suole indicare l’invecchiamento come basato su una scala logaritmica. Il calcolo logaritmico viene usato per fenomeni di cumulo, come la potenza dei terremoti dove un aumento dell’intensità della scala Richter non è lineare ma geometrico. Se ci si sofferma a pensare, è un’esperienza percettiva comune: per un giovane 25enne gli ultimi 5 anni della propria vita corrispondono a un quinto della sua esistenza; per un cinquantenne un lustro è solo un decimo della sua vita e se si guarda indietro ha la sensazione di aver fatto meno cose nei suoi ultimi 5 anni di quante ne avesse fatte nello stesso periodo da giovane, parendogli che invecchiando il tempo corra più veloce.
Certi cani invecchiano più rapidamente
C’è inoltre da considerare le grandi differenze fisico-morfologiche tra le razze di cani create nel corso dei secoli dall’uomo rispetto ai canidi di origine. Gli alani, i dogue di Bordeaux, i San Bernardo invecchiano molto rapidamente ed è raro che vivano più di 7 anni. D’altro canto i barboncini e i collie arrivano facilmente a 14 anni. La longevità media dei cani (11 anni circa) tende ad allinearsi con quella delle razze di taglia media ed è su questi ultimi, quindi, che si applica un calcolo verosimile di comparazione con l’età umana, secondo lo schema di un biennio accelerato al quale poi aggiungere un moltiplicatore medio di 5 anni. Infine, sembra essersi aperta una forbice evolutiva tra l’età del cane (determinata dall’originaria filogenesi dei selvatici) e quella dell’uomo, in cui le condizioni e modificazioni ambientali e culturali hanno spostato progressivamente in avanti l’età della maturità, almeno stando alle recenti teorie suggerite dalle neuroscienze.
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