«È stato un primo anno incredibile per noi, non riesco ancora a credere a quante cose siamo riusciti a fare in solo un anno e mezzo, siamo davvero sbalorditi di tutto il sostegno che abbiamo ricevuto», ha detto Daniel Lee a Vogue, dopo la tripla vittoria ai Fashion Awards 2019: brand dell’anno, designer di womenswear dell’anno e designer dell’anno.
Prima dell’arrivo di Lee, meno di due anni fa, girava la voce che Bottega Veneta, di proprietà del gruppo Kering, fosse pronta per un cambiamento radicale. Sotto la direzione artistica un po’ sonnacchiosa di Tomas Maier le iconiche borse intrecciate del marchio erano diventate un prodotto luxury un po’ troppo serioso, e l’abbigliamento l’ennesima alternativa minimal. Che però mancava di verve, di desiderabilità. E di freschezza. Dopo quasi vent’anni alla guida del brand Maier ha lasciato nel giugno 2018 senza fare troppo rumore, com’è nella sua natura. E il suo sostituto è venuto dal nulla, e non dall’azienda (come era successo con Alessandro Michele per Gucci nel 2015): Bottega ha voluto scommettere sul 33enne britannico Daniel Lee, la cui collaborazione con Phoebe Philo da Céline è stato un elemento irresistibile del suo curriculum.
E, come si è visto ai Fashion Awards 2019, la scommessa è stata vinta. «Gli accessori sono l’elemento chiave di Bottega», ha continuato Lee, parlando con Vogue nel backstage dell’evento. E noi vi spieghiamo nel dettaglio come è nata la “new Bottega” di Daniel Lee.
Bottega Veneta 2.0: i primi indizi
Lee ha catturato immediatamente l’interesse di fashion editor e opinion leader: alcuni si sentivano ancora orfani dell’estetica “old Céline”, una volta tramontata l’era di Phoebe Philo, altri erano solo curiosi di assistere all’ennesimo rebranding a 360° di una maison prestigiosa. Lee ha iniziato con il fare tabula rasa dell’immagine del brand, con un reboot totale del profilo Instagram e con un lookbook della pre-fall 2019 indossata da modelle e modelli fotografati su uno sfondo bianco, luminoso e asettico. E l’identità italiana di Bottega Veneta, e persino quella milanese, è stata subito evidenziata da Lee, con pezzi classici ma al tempo stesso sporty, capi cammello e catene dorate, pelle black e il famoso “intrecciato” in una versione esageratamente over. Un momento decisamente spumeggiante rispetto all’estetica artigianale e bohemien ispirata agli Anni ’50 di Maier, un allettante “aperitivo” in vista dell’attesissima sfilata AI19.
E prima di quel debutto in passerella, avvenuto lo scorso febbraio, sono uscite le immagini della prima campagna: corpi nudi e abbronzati in posa sullo sfondo blu del cielo e del mare di Ischia, da un’idea dell’art director Edward Quarmby con foto scattate da Tyrone Lebon. In particolare le scarpe disegnate da Lee sono le protagoniste assolute, in un solo colore, soprattutto beige, e con i dettagli intrecciati delle borse classiche che rispuntano nei sabot, negli stivali, nei sandali a rete e nelle decolletées. Il pubblico è letteralmente impazzito.
L’impatto della collezione Autunno/Inverno 2019-20 di Lee
Bottega Veneta è una della maison milanesi di maggior prestigio, e fa parte di uno dei gruppi del lusso più grandi del mondo, Kering. Va da sé che per un revival di Bottega Veneta la posta in gioco era, ed è, molto alta. Per la sua sfilata di debutto, l’AI19-20, la sua prima, vera prova, Lee ha scelto come location Parco Sempione, allestendo una struttura trasparente con vista sul maestoso Arco della Pace.
Lo styling della collezione era a cura della stylist francese Marie Chaix, nota per aver collaborato non solo con Phoebe Philo, ma anche con Proenza Schouler e The Row. L’accoppiata Chaix – Lee è stata davvero portentosa: non c’era nulla di aggraziato nei capi biker sagomati in pelle e nei grossi stivali Chelsea che modelli e modelle hanno sfoggiato in passerella; e nulla di controllato nel modo in cui il matelassé e l’intrecciato decoravano un po’ tutto, dai cappotti in tessuto alle camicie lucide in satin. E la sfilata ha segnato il ritorno, e alla grande, della catena dorata, elemento chiave, in versione oversize, anche della scenografia della adv pre-SS20, protagonisti la modella inglese Jean Campbell e il designer americano Andre Walker.
New Bottega Veneta uguale old Céline?
Succede ogni volta, alla seconda prova: la sfilata numero due di Lee a settembre è stata molto attesa, forse anche più della prima. Questa volta però lo stilista ha messo un freno alle provocazioni, consolidando e affinando le idee viste nella sfilata AI19-20 (abiti da sera scintillanti, fibbie triangolari, capi in maglia sovrapposti e annodati). Repetita iuvant, quindi, per far capire che le innovazioni di Lee sono i nuovi codici della maison. Alla sfilata PE20 le modelle splendevano fra le colonne di Palazzo del Senato, a Milano, sulle note di una musica techno sparata a tutto volume, e lì ci si sarebbe potuti quasi dimenticare di tutte le suggestioni Célin-iane. Decliniamo ogni responsabilità, ma le pagine di Instagram @oldceline e @newbottega, che celebrano queste due fasi della storia della moda più recente, non andrebbero comunque sottovalutate.
Sono entrambi profili non ufficiali e indipendenti in cui si postano immagini (branded content, foto di sfilate, servizi di moda) di Céline ai tempi di Philo e di Bottega Veneta a guida Lee. E visto che Hedi Slimane ha cancellato ogni traccia dell’era Philo dal sito web e dai social del brand, basta un rapido sguardo ai due profili creati dai fan per capire e valutare le somiglianze e le differenze fra le due maison.
Se è vero che entrambi i designer propongono una moda molto distante da un mondo in cui abitano fantasia e sogno, e la tengono ben ancorata a quello reale, Lee e Philo non comunicano lo stesso tipo di immaginario. Le muse di Philo erano multigenerazionali (come dimenticare Joan Didion per la adv PE15?); quelle di Lee rimandano un tipo di inclusione spontanea che gioca con gli archetipi italiani, ma stabilisce una visione generale atletica e sensuale della donna e dell’uomo. Inoltre, l’aderenza di Lee e la sua perseveranza rispetto ai codici classici di Bottega Veneta contrastano con l’approccio di Philo, che non guardava alla tradizione di Céline come brand francese e borghese. E sono proprio questi codici quelli che alla fine sono stati più apprezzati dalla nuova generazione di clienti, che anelano a essere riconoscibili, ma senza dover ostentare alcun logo. E anche gli influencer sono accorsi in massa a celebrare il brand, e questo significa che, se volete la pouch bag in pelle o i sabot a punta quadrata di Lee, è molto probabile che dobbiate mettervi in lista d’attesa.
Che cosa dice l’estetica #NewBottega della moda di oggi?
Un altro elemento che definisce la nuova Bottega Veneta a conduzione Lee è visibile nel ready-to-wear, con un approccio completamente diverso al vestire rispetto agli abiti creati da Philo, dedicati alla “working woman” di oggi. Le sue camicie banche erano in popeline, liscio e croccante, quelle di Lee in raso liquido. La gonna in pelle aveva una silhouette rigorosa ad A, quella, più esuberante, di Lee, è avvolta in pannelli matelassé chiusi da una cintura con catena gold. Con Lee, Bottega Veneta è diventata più osé. Pomposa, perfino. Certo, ci sono sempre i tagli raffinati e la ricerca sui materiali, l’accostamento fra fibre naturali e tessuti tecnici e tutti gli altri capisaldi della moda avant-garde che Philo aveva preso in prestito da Helmut Lang e Martin Margiela. Ma c’è anche sex appeal. Ci sono trasparenze e scollature a goccia, orli più corti, tagli boxy che mettono in risalto la clavicola, e aperture sul punto vita, sulla pancia, sulle braccia muscolose.
L’alternanza di Lee fra una moda intellettualizzata e una sessualizzata è un segno dei tempi, a più di dieci anni da quando Philo aveva voltato le spalle al massimalismo a favore del lusso e della funzionalità francesi. Oggi la nuova ondata di femminismo e la diffusione delle tematiche sul genere hanno visto lo zeitgeist estendersi in infinite direzioni, e la libertà di scegliere è più evidente che mai. Il lavoro che sta facendo Lee per Bottega Veneta non rivela né una natura prettamente streetwear né haute couture, e sono entrambi stili che in questo momento vengono spinti al massimo nella fashion industry. Al contrario, la mano di Lee tratta il passato con delicatezza, la sua abilità con audacia, la sessualità con intelligenza. E i risultati si vedono.
ARTICOLO TERMINATO!
E come sempre ti raccomandiamo: se hai domande,dubbi, chiarimenti di qualsiasi tipo, scrivici nei commenti o lascia la tua valutazione! Il team di gomoda è al tuo servizio per la scelta del prodotto migliore. Un saluto!